Il film di Sabine Willkop dà voce ad una delle più intriganti e camaleontiche artiste del panorama contemporaneo, la celebre fotografa e regista americana Cindy Sherman (Glen Ridge, New Jersey, 1954). Icona del trasformismo, ispirandosi all’immaginario cinematografico, televisivo e della moda, ma anche reinterpretando la tradizione pittorica occidentale, sin dalla sua prima serie di opere in bianco e nero degli anni Settanta (69 fotografie intitolate “Untitled Film Stills”) Sherman ha sovvertito i canoni estetici e formali della cultura dell’immagine, incarnando con le sue artificiose messe in scena i più radicati e diffusi stereotipi del nostro tempo e rispecchiando nei suoi scatti le più oscure ossessioni. Nel film, sequenze di immagini di repertorio, backstage e frammenti di interviste ripercorrono trent’anni di rigoroso e solitario lavoro all’insegna dell’ambiguità e della contaminazione, tratteggiando un caleidoscopico e perturbante ritratto dell’artista.